Per capire cosa siano le Soft Skills e la loro importanza vedremo gli studi recenti che le hanno messe in evidenza. Gli aspetti principali che differenziano le Soft Skills (Competenze Trasversali) dalle Hard Skills (competenze tecnico-specialistiche) riguardano il loro carattere di Trasversalità e Trasferibilità. Vediamo che significa seguendo la cronologia degli studi dedicati.
Il contesto socio-economico stava iniziando a cambiare nel corso degli anni '80 e la necessità di sviluppare nuove competenze, che andavano oltre quelle acquisibili dai libri e dalla scuola, diventa sempre più forte e necessario. Infatti, l'accesso all'istruzione era ormai aperto a tutti negli anni '80 e concludere la scuola dell'obbligo e ottenere il diploma o la laurea erano ormai quasi alla portata di tutti. Le competenze tecnico-scientifiche di base e specialistiche, le Hard Skills, erano ormai parte della società e quello di cui si iniziava a sentire la mancanza era proprio un altro tipo di competenze, ugualmente importanti, quelle socio-relazionali e comunicative: le Soft Skills. Immaginiamo un team composto per la maggior parte di cervelloni, carichi di Hard Skills. Le risorse umane del team potrebbero disporre a pieno di competenze tecniche e scientifiche ma essere carenti di competenze relazionali e sociali. Era quello che stava accadendo negli anni '80.
In altre parole, avere un cervellone matematico che non riesce a collaborare e comunicare con gli altri componenti della squadra, a lungo andare, può rappresentare un problema in un mondo sempre più complesso in cui la comunicazione e l'approccio al lavoro di squadra sono il vantaggio competitivo (difficile da imitare) principale che una azienda possa avere.
Riviviamo gli anni '80 attraverso gli studi degli autori del tempo. Dobbiamo iniziare dal 1983, l'anno in cui Howard Gardner pubblicò il libro “ Formae mentis “ . Tra le diverse forme di intelligenza (matematica, logica, spaziale), per la prima volta venne inclusa anche un tipo di intelligenza definita "intelligenza personale". L'intelligenza personale riguarda sia il mondo interno che quello esterno. Nel mondo interno, si concretizza nella capacità di introspezione, cioè la capacità di accedere e di riflettere sulla propria vita affettiva, di gestione delle emozioni, dei sentimenti e comportamenti. Nel mondo esterno è definita "intelligenza interpersonale" e si concretizza nella capacità di comunicazione e relazione con gli altri. Gardner sosteneva che l'intelligenza personale ha lo stesso valore degli altri tipi di intelligenza. Affermò che l'intelligenza personale fosse altamente predittiva del successo scolastico e lavorativo, allo stesso modo di quanto lo fosse il Quoziente Intellettivo, cioè il test per la misurazione delle componenti tradizionali dell'intelligenza: logica, matematica e visuo-spaziale.
A sottolineare l'importanza di questo tipo di intelligenza definita da Gardner “personale”, arrivò un paio di anni più tardi Reuven Bar-On (1985), che nella sua tesi di dottorato usò il termine Quoziente Emotivo per identificare una classe di competenze relazionali e sociali per poterle distinguerle da quelle classiche che venivano misurate dal test del Quoziente intellettivo (QI). Fece questa distinzione al fine di creare uno strumento psicometrico per misurarle. L'idea che vi sia un set di competenze comportamentali relative alla sfera delle relazioni con gli altri e con se stessi (Soft Skills) relative al "saper essere", che si affiancano a quelle tradizionalmente intese come competenze, cioè quelle tecnico-scientifiche che riguardano il "saper fare" (Hard Skills), prende sempre più corpo.
A dare un titolo definitivo a questa classe di competenze ci pensarono John Mayer e Peter Salovay nel 1990, che coniarono il nome di Intelligenza Emotiva, in inglese Emotional Intelligence (EI) nell'articolo scientifico intitolato "Emotional Intelligence". I due autori definirono così l'intelligenza emotiva: "l'abilità di monitorare le emozioni e i sentimenti propri e altrui, distinguere tra questi ed usare le informazioni per guidare il pensiero e le azioni ."
Per la divulgazione di questa nuova classe di competenze al grande pubblico, ci pensò l'opera di Daniel Goleman che nel 1996 pubblicò il libro: "Intelligenza Emotiva" e la spiegava con queste parole: "la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare se stessi e di gestire positivamente le proprie emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali."
Nel 1993 l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dato a questo genere di competenze la definizione di Life Skills cioè “abilità personali e relazionali che servono a governare i rapporti con il resto del mondo e affrontare positivamente la vita quotidiana” . Life Skills, cioè competenze di vita, sottolineando l'importanza della loro trasversalità e trasferibilità in ogni ambito della nostra esistenza, dalla famiglia agli amici, al lavoro.
Il valore delle Soft Skills acquisisce sempre più peso col passare degli anni, tanto da divenire un indice altamente predittivo del successo lavorativo della persona, come descritto nel libro "Soft Skills per il governo dell'agire" (C. Ciappei, M. Cinque, Milano, Franco Angeli, 2004).
Le soft skills sono predittive di successo nella vita e per questo motivo dovrebbero essere tenute in debita considerazione nelle politiche pubbliche relative allo sviluppo e agli investimenti per la formazione
Un studio scientifico recente sul tema delle Soft Skills è lo studio del 2011 svolto dall'Unione Europea “Transferability of Skills across Economic Sectors: Role and Importance for Employment at European Level”. Nello studio è stata proposta una suddivisione delle competenze in base a quanto queste fossero "trasferibili" nel passaggio da un lavoro ad un altro. Lo studio sottolinea quindi definitivamente il carattere di Trasversalità delle Soft Skills, motivo per cui vengono anche definite in italiano Competenze Trasversali. Lo studio identifica tre tipi di competenze:
Hard Skills specifiche o competenze tecnico-pratiche: sono presenti in settori lavorativi specifici e sono connesse a determinate attività professionali che dipendono dal contenuto del lavoro. Bassa trasferibilità per via della loro specificità settoriale;
Hard Skills generiche o competenze culturali/tecnologiche: sono competenze di natura tecnica e relative ad ambiti di lavoro generali, non specifiche di settori particolari. Si considerano sei tipologie: ambito legislativo e normativo, economico, scienza e tecnologia, ecologia, digitale e informatica, comunicazione e lingue straniere. Sono abbastanza trasferibili essendo competenze di carattere generale del mondo del lavoro;
Soft Skills o competenze personali generali: non fanno riferimento ad uno specifico lavoro e caratterizzano il soggetto in quanto aperto a immettersi in ogni settore professionale e affrontare le sfide dell'occupazione. Alta trasferibilità per via della trasversalità delle competenze stesse che essendo legate al carattere, restano presenti anche quando si cambia contesto lavorativo.
Dopo aver distinto tra loro le Soft Skills dalle Hard Skills, nei prossimi articoli andremo ad analizzare "Perché sono importanti".
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